lunedì 3 settembre 2012

Riflessione

A volte rlfettere e utlile, altre porta solo caos o scompliglio.
Recentemente mi sono stati fatti notare alcuni errori in un racconto che mi hanno spinto a domandarmi: Cosa ho imparato?
Io credo sempre di aver imparato molto dia libri letti anche se non ho idea di quanto io applichi le regole base della narrativa.
Sempre leggendo noto che molti professionisti nemmeno si disturbano a guardare tutto quanto inerente al fantastico mondo dello scrivere.
Mi pongo domande di continuo e di continuo non riesco a  darmi concrete risposte.
Troppe, in narrativa; sono le questioni su cui far due conti. Io sbaglio ma chi dice che sia davvero un errore?
Tipo di recente mi è capitato un discorso su un fatto gramamticale. Io non sono ferrata in grammatica lo ammetto ma Dio benedetto la studio.
Se un libro mi dice: Con A si procede in questo modo, io credo al libro e alle esperienze scolastiche vissute. Invece mi sento dire è sbagliato! Ok dico, riporto la regola paripari dal libro e  mi dicono non so usare la regola.
Tutto ciò è assurdo e mi spinge ulteriormente a riflettere.
Cos'è la scrittura davvero?
Io l'ho sempre vista come creazione alchemica allo stato puro. Un idea maturata, studiata, ragioanta al millimetro in ogni sua fase e aspetto fino ad ottenere il rpodotto finale.
Une spressione dell'anima e la creazione di "un mondo" e " delle vite" in grado di lasciare in chi legge qualcosa di prezioso e riflessivo.
Eppure,  leggendo  e rileggendo questi argomenti scopri una tale marea di sottocategorie, punti di cui tenere conto, varietà di modi di azione impressionante.
Cerchi di seguire tutte le regole per un testo e magari i fare in modo che per quel contesto il persoanggio sia integrato e ti dicono "mi aspettavo di più; è un personaggio che non sa di niente è irrilevante."
Lì per lì fa male, perchè tu volevi si un persoanggio tranquillo che quindi  fosse irrilevante in confronto alla realtà circostante, ma anche che la sua persoanlità fosse capita da chi legge.
Quell'irrilevante è sia una vittoria che una sconfitta dunque. E stato commesso un errore per cui il personaggio non ha raggiunto il cuore del lettore e quello stesso cuore è stato spinto a  scartarlo senza magario pensare che sotto al'indole tranquilla ci possa esser altro.
Ecco, la NON percezione di queste sfumature o anche solo il far venrie  in mente al lettore un immaginazione riguardante qualcosa  che avviene nel racconto, fa porre decise domande sui propri studi e la propria capacità di narrare.
Impegnarsi fino agli spasmi in gni attimo  che puoi, rileggere, modificare e curare ogni aspetto del racconto per poi vedere che le persone che vivono in quel testo  e il mondo stesso del testo non sono compresi e apprezzati appieno dal lettore mi fa pensare.
Pensare a se tutti questi studi siano giusti o se è colpa delle mie scarse capacità espressive se nessuno comprende lo scritto.
La narrativa è una forma d'arte ma ha le sue regole, cercare di seguirle è così sbagliato?
Fracnamente continuo a rilfettere sulla questione, sul metodo di narrazzione ma non trovo risposte adeguate.
Non è piacevole e non è bello.
Trovare la via è spesso difficilissimo quindi si tenta di continuare sulla stessa linea apportando modifiche al testo, oppure fregandosene come fanno molti.

Ma è davvero giusto così?

Perplessità mi rimane solo quello.  Qual'è il segreto di una buona narrazione non riuscirò mai a capirlo temo nonostante tutte le branche dello studio della scrittura che affronto.
Continuo però a studiare questa affascinante materia in grado di darmi tanta gioia ma anche tanta spossatezza e tristezza.
Un giorno riuscirò mai a scrivere qualcosa di definibile come un buon prodotto da chi legge?
Temo di no ma almeno faccio del mio meglio.